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Il Presidente della Commissione Lavoro del Senato, sen. Maurizio Sacconi,ha presentato il disegno di legge sull'”equo compenso” per i professionisti; questa la relazione che accompagna i quattro articoli previsti dal ddl.

“Onorevoli Senatori. — Nella Costituzione italiana la dignità è declinata sempre in un’accezione molto «concreta»: è la dignità dell’uomo collocato all’interno delle relazioni sociali dove esprime la propria personalità, esercita i suoi diritti ed adempie ai propri doveri: in particolare nell’articolo 36 della Costituzione se ne parla ancora in relazione alla retribuzione del lavoratore, che non deve essere solo correlata alla qualità ed alla quantità del lavoro prestato, ma deve comunque assicurare una esistenza libera e dignitosa al lavoratore stesso ed alla sua famiglia.

In Italia, vi sono decisori che sono repentinamente transitati dalle ideologie ostili al mercato ad una interpretazione sregolata dalla concorrenza. In questo contesto sono maturate le cosiddette «lenzuolate» del ministro Bersani, primo atto di un percorso di deregolazione tariffaria, mentre non si voleva minimamente mettere in discussione odiosi e inefficienti monopoli come quelli del trasporto pubblico locale e di molte utilities rinvenienti dalle vecchie società municipalizzate, si identifica nelle professioni ordinistiche l’area dell’economia che deve urgentemente essere condotta alle presenti virtù di una competizione al ribasso. Si accettano, al più e successivamente, complessi parametri relativi ai costi essenziali delle prestazioni quali strumenti utili al magistrato per dirimere il contenzioso insorto tra professionisti e committenti, ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27.

Mentre molte tra le professioni ordinistiche sono alimentate dalla seconda scelta di un esercito di laureati disoccupati, si scatena una sfrenata concorrenza, cui concorrono anche le gare al ribasso delle amministrazioni pubbliche, che conduce i soggetti più deboli come i newcomers ad accettare remunerazioni sottocosto con l’inevitabile dequalificazione delle prestazioni. Anche il professionista diventa sempre più spesso natura di soggetto debole del rapporto contrattuale nei confronti del committente, in un contesto segnato da una sensibile diminuzione dei redditi.

L’equo compenso non è peraltro solo un principio costituzionale applicabile a tutti i lavori ma una oggettiva esigenza per tutti i consumatori perché li mette al riparo da servizi professionali di bassa qualità. La stessa capacità della domanda di autorganizzarsi in forme collettive deve infatti condurre non tanto a prezzi stracciati quanto ad un ottimale rapporto tra il costo e la qualità delle prestazioni.

Il diritto alla difesa, la sorveglianza sanitaria nei luoghi di lavoro, le cure odontoiatriche ad ogni età, l’assistenza infermieristica alla non autosufficienza, l’educazione alimentare, la vigile presenza nei collegi sindacali, la consulenza aziendale e del lavoro, l’assorbimento attuariale dei fattori di rischio, la prevenzione del dissesto idrogeologico, l’efficienza energetica delle abitazioni, la economicità delle opere pubbliche corrispondono a servizi professionali resi sempre più qualificati dall’oneroso impiego di tecnologie e dal continuo investimento nell’aggiornamento delle competenze. La terziarizzazione della nostra economia e la legittima pretesa di una vita migliore impongono standard più elevati. Ne discende la necessità di una adeguata informazione al mercato circa i costi corrispondenti alle buone prestazioni.

Il presente disegno di legge si propone altresì di individuare il dies a quo a partire dal quale decorre il termine di prescrizione dell’azione di responsabilità professionale nel caso del non corretto esercizio della prestazione da parte del professionista. Negli ultimi anni, il vuoto legislativo in materia di responsabilità professionale e decorrenza del termine di esercizio della relativa azione, è stato colmato seppure in termini non soddisfacenti dall’opinione giurisprudenziale in materia che si è distinta in due distinti filoni interpretativi.

In base ad un orientamento più rigoroso della giurisprudenza il termine di prescrizione decennale, decorrerebbe dal momento del compimento della prestazione professionale dalla quale discenderebbe il danno perché la responsabilità si collegherebbe nell’alveo del contratto. Un altro orientamento invece individua il termine per l’esercizio dell’azione in questione dal momento in cui il cliente prende conoscenza del non corretto esercizio della prestazione professionale, e quindi dal momento in cui il danno si manifesta all’esterno e diventa percepibile. Tale ultimo orientamento, che sta divenendo prevalente, rischia tuttavia di dare luogo ad un’ipotesi di imprescrittibilità dell’azione di responsabilità posto che il committente della prestazione può avere conoscenza del danno anche decorso un periodo molto superiore a dieci anni. Questa situazione, tuttavia, si pone in palese contrasto con il principio di certezza del diritto ed è in grado anche di incidere negativamente sulla possibilità per i professionisti di procurarsi la copertura assicurativa per i danni così a lungo latenti.

Il presente disegno di legge stabilisce all’articolo 1 le finalità del provvedimento e, al secondo comma, stabilisce che per compenso equo si intende un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, tenendo conto della natura, del contenuto e delle caratteristiche della prestazione professionale.

Esso si propone, inoltre, di assumere all’articolo 2 per la misura dell’equità del compenso, ferma restando la discrezionalità del giudice nel valutare caso per caso le patologie del rapporto, il riferimento ai parametri vigenti ma ora limitati nell’impiego al contenzioso. Si tratta di norme definite dal Ministro vigilante che non possono essere qualificate come intese restrittive della concorrenza secondo il consolidato insegnamento della Corte di giustizia ribadito anche di recente (Corte di giustizia, 8 dicembre 2016, cause riunite C-532/15 e C-538/15). Il comma 2 stabilisce una presunzione in base alla quale, salva prova contraria, il compenso inferiore ai minimi stabiliti dai parametri vigenti si deve ritenere iniquo. Ne deriva la nullità relativa delle clausole contrattuali difformi, in quanto può essere fatta valere solo dal professionista, considerato quale parte debole del contratto. Saprebbe però anche nullità parziale perché non travolge per intero il contratto d’opera professionale, bensì fa caducare solo le previsioni contrarie all’equo compenso (comma 3).

L’articolo 3 stabilisce il dies a quo, a partire dal quale decorre il termine di prescrizione dell’azione di responsabilità professionale nel caso del non corretto esercizio della prestazione individuandolo nel giorno del compimento della stessa da parte del professionista iscritto all’ordine o collegio professionale.

L’articolo 4 constata che dal presente disegno di legge non derivino nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.”

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