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Come già evidenziato nel nostro contributo pubblicato nell’Alert – Legal update del 17 giugno 2020 dal titolo “Incentivi per l’edilizia nel Decreto Rilancio: beneficiari vecchi e nuovi … bonus o malus?” il cd. Superbonus 110% introdotto dal Decreto Rilancio n. 34 del 19 maggio 2020, convertito con Legge 17 luglio 2020, n.77 è sicuramente una delle misure di maggiore rilevanza ed impatto tra quelle introdotte dalla cd. “legislazione emergenziale” emessa in epoca di pandemia.

Ciò è tanto vero che questo argomento occupa sempre grande spazio sui quotidiani e nelle pubblicazioni di settore, nei quali vengono costantemente sollevati dubbi interpretativi e applicativi, avanzate ipotesi e riportate le posizioni, più o meno chiare, espresse dall’Agenzia delle Entrate.

IL RUOLO DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE

L’attuazione della normativa in questione sta evidenziando diverse criticità che dipendono, dal contenuto generico, e talvolta opinabile, delle disposizioni normative, nonché dalla varietà degli aspetti pratici e delle condizioni di fatto che non consentono un’agevole sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta.

Di qui il coinvolgimento in prima linea dell’Agenzia delle Entrate che – quale soggetto legittimato ex post a negare l’agevolazione fruita – viene chiamato a fornire risposte agli innumerevoli interrogativi tuttora aperti.

Primi chiarimenti tra dubbi e interpretazioni “additive”

Con la Circolare n. 24/E dell’8 agosto 2020 l’Amministrazione finanziaria ha fornito i cc.dd. “primi chiarimenti” che tanto chiari non sono stati e che, anzi, in certe occasioni, hanno sollevato ulteriori dubbi anche su aspetti che, in base al dato normativo, sembravano pacifici.

Un esempio su tutti: la restrizione del campo di applicazione del Superbonus agli edifici “residenziali”.

Una novità rispetto a quanto previsto dalla norma, che non fa alcun riferimento alla natura residenziale degli immobili laddove definisce il perimetro di applicabilità dell’agevolazione.

Secondo quanto ritenuto “d’imperio” dall’Agenzia delle Entrate (paragrafo 2 pag. 15), nell’ipotesi in cui l’edificio non sia residenziale nella sua interezza, gli interventi realizzati sulle parti comuni sarebbero agevolabili per i possessori/detentori di unità immobiliari non residenziali a condizione che nel fabbricato vi sia una percentuale superiore al 50% di unità destinate a residenza. Se la percentuale (da stabilirsi non si sa su quale base…cubatura, millesimi) dovesse risultare inferiore, l’Agenzia ha riconosciuto che l’agevolazione è da ritenere comunque ammessa per le spese sostenute sulle parti comuni da parte di possessori/detentori di unità “destinate ad abitazione”.

Ebbene, a parte l’anomalia di una circolare che introduce un paletto non previsto dalla legge, questo intervento di interpretazione “additiva” suscita perplessità anche per la scarsa chiarezza dei nuovi e più stringenti limiti tracciati dall’Agenzia.

Nella Circolare, infatti, vengono indicate, a titolo esemplificativo, come “unità immobiliari non residenziali” (escluse dal superbonus) i beni strumentali o merce (pag. 15). Ciò vuol dire che il carattere “non residenziale” va individuato in relazione alla destinazione economico-aziendale del bene e non alla sua destinazione “catastale”? Non è dato sapere!

Quel che è certo è che questo intervento “maldestro” solleva dubbi e crea un margine di opinabilità che non può essere ignorato e crea problemi ai contribuenti sui comportamenti da tenere. Se è vero che si tratta di una interpretazione che non trova conforto nella legge, non è men vero che è una interpretazione data da chi domani potrà disconoscere il beneficio e, quindi, non è propriamente irrilevante. E’ auspicabile che intervenga con urgenza un chiarimento sul punto!

STRUMENTI PER LA “CERTEZZA DEL DIRITTO” NELLE MANI DEI CONTRIBUENTI: GLI INTERPELLI

A complicare la situazione e aumentare la condizione di “incertezza del diritto” vi sono anche le cc.dd. questioni aperte: aspetti interpretativi sui quali la posizione dell’Agenzia delle Entrate non è stata espressa nella Circolare n. 24/E, ovvero è stata espressa in modo non esaustivo o poco chiaro.

In questi casi i Contribuenti, per superare l’empasse ed avere un barlume di certezza, stanno facendo ricorso allo strumento dell’interpello ordinario previsto dall’art. 11, comma 1, lettera a) dello Statuto del contribuente, onde ottenere risposte ad hoc su problematiche concrete relative al Superbonus che possano vincolare l’Agenzia e, quindi, mettere al riparo da contestazioni future.

Si tratta di uno strumento di interlocuzione preventiva con l’Agenzia con il quale il contribuente, prima di porre in essere un determinato comportamento fiscalmente rilevante, si rivolge all’Amministrazione finanziaria sottoponendo un caso concreto e personale, con riferimento al quale viene proposta una determinata soluzione applicativa della normativa fiscale e chiesto un parere. Parere che l’Amministrazione fornisce nel termine di 90 giorni (il silenzio protratto oltre tale termine comporta l’assenso alla soluzione prospettata dall’istante … ipotesi che difficilmente si realizza) e che risulta vincolante per la stessa. Ciò vuol dire che il contribuente è tenuto ad adeguare il proprio comportamento alle indicazioni fornite dall’AF, dalle quali quest’ultima non può discostarsi muovendo contestazioni nei confronti dell’istante basate su interpretazioni diverse da quelle fornite in sede di risposta all’interpello. Ciò sul presupposto che i fatti coincidano con quelli rappresentati nell’istanza. Se, invece, quanto emerge in sede di controllo non coincide con la descrizione dei fatti contenuta nell’istanza, la risposta all’interpello non produce effetti vincolanti per l’Agenzia.

Per tutti gli altri contribuenti (non istanti) la risoluzione in risposta all’interpello rappresenta una mera indicazione di quella che su una fattispecie specifica può essere la posizione dell’Agenzia. Indicazione che non è vincolante, può mutare nel tempo e può essere invocata come mera argomentazione a sostegno e giustificazione del comportamento fiscale tenuto. Con un valore che è, né più né meno, quello riconosciuto alla circolare, che è un atto amministrativo contenente disposizioni di indirizzo uniforme interno, che non vincola né i contribuenti né i giudici (in tal senso cfr. Cass., sez. trib., 8 marzo 2017, n.5937).

Per renderci conto della rilevanza delle questioni che sono “aperte” e che hanno indotto i contribuenti, pur di avere una risposta certa, ad accettare il rischio di avere una risposta “negativa” da parte dell’Agenzia (nel senso dell’esclusione della fruibilità dell’agevolazione), si richiama, a titolo esemplificativo, una recente risposta ad interpello di particolare interesse e rilievo.

Risposte su questioni aperte: condominio in senso oggettivo o anche soggettivo?

Come noto la normativa ha espressamente individuato nella platea dei beneficiari i condomìni per i lavori sulle parti comuni.

Una volta chiarito che i condòmini titolari di reddito di impresa o esercenti arti e professioni possono fruire del Superbonus in relazione a spese sostenute per interventi su parti comuni (Circolare n. 24/E par. 1.2) e, quindi, riconosciuta la possibilità che questi siano anche soggetti diversi dalle persone fisiche, restava da capire come dovesse essere inteso il condominio: in senso oggettivo (pluralità di unità immobiliari anche se di proprietà di un unico soggetto o di una stessa pluralità di soggetti in comproprietà), ovvero anche in senso soggettivo (pluralità di soggetti titolari di una pluralità di appartamenti)?

Come evidenziato nel nostro precedente Alert sul tema, l’Amministrazione Finanziaria con riferimento a precedenti bonus aveva riconosciuto il bonus per interventi su “parti comuni di edificio residenziale” anche nell’ipotesi in cui l’edificio fosse posseduto da un unico proprietario (Circolare n. 7/E del 27 aprile 2018; Circolare 11.05.1998 n. 121, paragrafo 2.6.

Nella Circolare n. 24/E, in tema di Superbonus al 110%, l’Amministrazione ha concluso in modo diametralmente opposto escludendo l’applicazione dell’agevolazione per gli “interventi realizzati sulle parti comuni a due o più unità immobiliari accatastate in un edificio interamente posseduto da un unico proprietario o in comproprietà fra più soggetti”.

Le ragioni che hanno indotto l’Agenzia a prendere questa posizione (diversa da quelle assunte in precedenza) sono state recentemente chiarite in risposta ad un interpello proposto da un contribuente comproprietario con i propri familiari (coniuge e figli) di più unità immobiliari autonomamente accatastate (tre appartamenti, un locale ad uso magazzino, un locale ad uso garage un bene ad uso comune non censibile).

Con risposta n. 329 del 10 settembre 2020 l’Agenzia ha, infatti, negato l’applicazione del Superbonus precisando che la ragione sta nel riferimento al “condomìnio” contenuta nell’art. 119 del Decreto rilancio e non alle “parti comuni” – come previsto per precedenti bonus. L’uso della locuzione “condominio” rinvia alla disciplina civilistica, che prevede una pluralità di soggetti e un frazionamento della proprietà.

Sulla base di queste considerazioni l’Agenzia delle Entrate ha così concluso: “trattandosi di interventi su unità immobiliari distintamente accatastate, in comproprietà fra più soggetti, non sarà possibile beneficiare della detrazione del 110 per cento né con riferimento alle spese sostenute per interventi realizzati sulle parti a servizio comune delle predette unità immobiliari, né con riferimento alle spese sostenute per interventi effettuati sulle singole unità immobiliari in quanto non inserite in un condominio”.

LA LUNGA VIA VERSO LA CERTEZZA DEL DIRITTO

Alla luce di quanto riportato e osservato è evidente che la “strada” per la certezza del diritto è ancora lunga e diverse sono le questioni aperte, in un campo dove la partita che si gioca è tra la concreta attuazione di una misura di particolare rilievo per l’efficientamento e il miglioramento del ns patrimonio edilizio a beneficio dei singoli e della collettività ed i “paletti” (dichiarati e non) posti dal legislatore, interpretati e vagliati dal custode degli interessi erariali (l’Agenzia delle Entrate) al fine di arginare una possibile incontrollata (ed illegittima) fuoriuscita di fondi in danno alla “ragion di cassa”! … alla prossima puntata!

Fonte: Studio Legale Nunziante  Magrone

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