La mediazione non è davvero prerogativa assoluta dei CTU ma già da un po’ di tempo – precisamente dal 2005 con D.L. n. 35 (decorrenza 1° marzo 2006) – accade che sempre più spesso nei Tribunali si richieda questo compito preventivo al CTU.
In base a tale norma l’esperto può essere chiamato dal giudice ad esprimere il proprio parere tecnico, poiché l’ambito d’applicazione dell’istituto coincide con l’intera area dei crediti aventi ad oggetto il risarcimento di danni, sia per ciò che attiene l’illecito extracontrattuale che i danni da illecito contrattuale. L’art. 696bis c.p.c. prevede la consulenza tecnica preventiva come mezzo per favorire la conciliazione fra le parti, il cui espletamento può essere richiesto anche laddove non ricorrano le condizioni previste dall’ultimo inciso del primo comma dell’art. 696bis c.p.c.
Generalmente prima di arrivare alla richiesta di un ex art. 696 c.p.c. la Parte si consulta con il proprio perito al fine di verificare se sussistano le condizioni per procedere con una tale richiesta. Le condizioni sono: i motivi su cui si fonda la richiesta (aspetti tecnici, pratici, economici); le ragioni che giustificano l’urgenza.
E’ comunque necessario ribadire come un bravo CTU debba sempre, in via preliminare e qualora ne ricorrano i presupposti, procedere con un tentativo di mediazione tra le Parti, affinché si possa evitare una causa spesso evitabile. Le Parti saranno contente di un accordo e il Giudice anche, a fronte del carico abnorme di cause a volte risolvibili con un accordo.
L’introduzione di questa procedura è stata davvero atto dovuto nell’interesse collettivo.
La formalizzazione della mediazione avviene in
questa maniera: “Ricorso per Accertamento tecnico preventivo ex art. 696bis
c.p.c.”. L’articolo (Consulenza tecnica preventiva ai fini della
composizione della lite) recita testualmente: “L’espletamento di una consulenza tecnica, in via preventiva, può essere
richiesto anche al di fuori delle condizioni di cui al primo comma
dell’articolo 696, ai fini dell’accertamento e della relativa determinazione
dei crediti derivanti dalla mancata inesatta esecuzione di obbligazioni
contrattuali o da fatto illecito. Il giudice procede a norma del terzo comma
del medesimo articolo 696. Il consulente, prima di provvedere al deposito della
relazione, tenta, ove possibile, la conciliazione delle parti.
Se le parti si sono conciliate, si forma processo verbale della conciliazione.
Il giudice attribuisce con decreto efficacia di titolo esecutivo al processo
verbale, ai fini dell’espropriazione e dell’esecuzione in forma specifica e per
l’iscrizione di ipoteca giudiziale.
Il processo verbale è esente dall’imposta di registro.
Se la conciliazione non riesce, ciascuna parte può chiedere che la relazione
depositata dal consulente sia acquisita agli atti del successivo giudizio di
merito.
Si applicano gli articoli da 191
a 197,
in quanto compatibili”.
Lo strumento, particolarmente utilizzato nelle procedure di risarcimento danni da circolazione stradale ad esempio – ma non solo – ha esplicita finalità deflattiva ed è teso ad evitare il giudizio di cognizione, consentendo alle parti, con l’ausilio del CTU, di definire bonariamente la lite.
Altra circostanza di applicazione questo articolo la trova nelle controversie relative al pagamento di somme di denaro, correlato ad illeciti contrattuali o extracontrattuali, potendo accertare anche l’an (trad. dal latino: forse che, forse che non) oltre al quantum del diritto fatto valere. La richiesta di consulenza tecnica preventiva si propone con ricorso al giudice che sarebbe competente per il merito (nel caso di successiva causa) e lo scopo del consulente tecnico è quello di tentare la conciliazione delle parti.
Il presupposto assolutamente imprescindibile è che ci sia intenzione di conciliazione. Diversamente la conciliazione è inammissibile. Infatti come precisato dal Tribunale di Spoleto (T. Spoleto 07.05.2015): “Deve inoltre ritenersi inammissibile il ricorso laddove le questioni da sottoporre al CTU non appaiano suscettibili di mero accertamento, si presentino complesse e non suscettibili di conciliazione.”
Stante la ratio conciliativa della tutela, la prima condizione di esperibilità del ricorso ex art. 696bis c.p.c. è, ovviamente, che le parti interessate non abbiano già istaurato un procedimento, vertente sul medesimo oggetto o su una questione ad esso strettamente connessa, dinanzi alle competenti autorità. Infatti questa procedura tende ad evitare un procedimento giudiziario vero e proprio.
E’ evidente che la finalità conciliativa sia assolutamente incompatibile con la pendenza di una azione giudiziale.
La seconda condizione per azionare l’istituto in esame, è che il rapporto tra le parti deve avere come unico punto di dissenso ciò che, in sede di processo di cognizione, può costituire oggetto di consulenza tecnica. Si ribadisce quindi la sua azione preventiva – a volte anche conclusiva se ricorrono le intenzioni e i presupposti.
Una volta che il CTU sia riuscito ad addivenire a un accordo tra le Parti, occorre redigere lo specifico verbale detto “processo verbale della conciliazione” (articolo 696bis, comma 2, c.p.c.). In tal caso, il giudice attribuisce, con decreto, efficacia di titolo esecutivo al processo verbale. Il processo verbale è esente dall’imposta di registro (comma 4).
In ogni caso, se la conciliazione non riesce, ciascuna parte può chiedere che la relazione depositata dal consulente tecnico sia acquisita agli atti del successivo giudizio di merito (comma 5).
Qualora non si giunga ad un accordo conveniente per entrambe le Parti, si procede con un’apposita perizia volta ad accertare e a determinare la sussistenza degli eventuali crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito.
Cosa distingue una Consulenza preventiva da una ATP?
Innanzitutto presuppone e richiede che allo stato vi sia una lite, attuale o potenziale. E dunque ecco il richiamo all’art. 696bis al primo comma, dal quale si evince chiaramente che l’istituto de quo mira ad anticipare e prevenire l’inizio di un giudizio a cognizione piena, sottolineando che questa constatazione non vuole far uscire dalla porta i requisiti del fumus (trad. dal latino: fare vane promesse) e del periculum (trad. dal latino: esperimento) per poi far rientrare dalla finestra quello della “lite potenziale”. Ecco perché, come prima detto, “… Il giudice attribuisce con decreto efficacia di titolo esecutivo al processo verbale”.
Poi in secondo luogo, a differenza dell’ATP, la consulenza preventiva non mira alla pre-costituzione di una prova da usare in un successivo giudizio.
Ecco dunque i vantaggi, davvero indiscutibili, conseguenti ad un Ricorso per Accertamento tecnico preventivo ex art. 696bis c.p.c.
Come si gestisce?
Superata la prima fase del verbale di apertura dei lavori, il CTU che in questa fase può essere definito mediatore, lo stesso deve ascoltare entrambi, anche con sedute separate, non rivelando mai ad una parte ciò che ha appreso dall’altra. Deve condurre la Mediazione in modo che ciascuna delle parti faccia una proposta e poi con il dialogo e la partecipazione delle parti e dei loro legali si possa arrivare ad una soluzione condivisa. Se una delle parti si irrigidisce sulla sua posizione il Mediatore non ha grandi possibilità di indurla a pretese minori o a essere più disponibile verso l’altra parte. Diversamente se intravede ciò che non hanno visto le Parti – tanto da dover attivare tale procedura – può dimostrare quanto costoso per tutti sia il perdurare della causa a fronte di richieste economiche assai più basse. Spesso si può notare, nella professione, come più del 50% delle cause non si dovrebbero fare, e che spesso le stesse parti in causa si pentono della loro iniziativa e non sanno come tornare indietro, anche perché i costi di causa sono lievitati notevolmente. La presenza di qualcuno, come il CTU, che le faccia ragionare e le prenda per mano per chiudere il contenzioso, spesso è bene accetta. In questo contesto ha grande importanza l’intelligenza dei rispettivi legali. Spesso le Parti non sono bene al corrente dei costi cui stanno andando incontro con la causa. Anche per questo aspetto è bene che il CTU faccia presente questi costi, e per esempio chiarendo che il fondo spese per lui inizialmente disposto dal Giudice verrà poi integrato dall’onorario finale che è dell’ordine di tre-quattro volte l’entità del fondo spese. Anche perché le parti, prese dalla controversia, il più delle volte non fanno bene tutti i conti delle spese che devono sostenere tra legali, consulenti di parte, CTU, spese di giudizio, ecc.
Il compito è notevolmente più complesso di quello che si trova ad affrontare un tecnico nel ruolo di CTU ben definito. Spesso si deve essere anche psicologi per capire il nervo scoperto che può essere quello che offre la soluzione. Se tutto si risolve positivamente, i legali delle parti non si presentano alla successiva udienza per cui il giudizio viene abbandonato, anche perché il GI è stato informato dal CTU della conciliazione raggiunta.
Si deve, quindi, sottolineare l’estrema importanza dell’incarico ora assegnato al CTU, che non dovrà limitarsi alla pedissequa acquisizione di informazioni e di documenti, ma dovrà svolgere un ruolo istruttorio completo. l