Proseguiamo con l’intervento del Presidente ANMIL Zoello Forni edito sulla nostra rivista collegata alla manifestazione.
“La pandemia causata dal Covid-19 ha messo in luce che la tutela della salute dei lavoratori, nella sua accezione più ampia, si fonda sì sulle misure prevenzionistiche nei luoghi di lavoro, ma anche su una diversa visione delle stesse, sulla valorizzazione di alcune figure prevenzionistiche e del ruolo delle parti sociali, nonché su nuove modalità di organizzazione del lavoro che intercettino le esigenze di vita dei lavoratori, sollecitandone al tempo stesso la produttività e investendo nel patrimonio esperienziale che le imprese sono state costrette a collezionare durante le fasi di lockdown e quelle successive di “convivenza” col virus. Durante il periodo emergenziale i parametri di lavoro di molti settori sono cambiati, tra questi il settore delle costruzioni, contrassegnato da varie difficoltà, legate non solo alla tutela dei lavoratori ma anche da criticità relative ad aspetti ad esso strettamente collegati, quali ad esempio i trasporti e l’approvvigionamento delle forniture.
Inoltre, il settore delle Costruzioni continua a rappresentare un ambito lavorativo particolarmente delicato in tema di SSL, perché tra i più a rischio, tanto per l’entità quanto per la frequenza degli infortuni. L’elevato rischio a cui sono esposti i lavoratori delle aziende edili e la necessità di assicurare loro un più elevato grado di tutele ha riportato al centro del dibattito politico il tema della qualificazione delle imprese, quale strumento normativo di preselezione degli operatori negli appalti pubblici e privati. Per di più, l’esigenza di preselezionare gli operatori del mercato degli appalti è finalizzata al contrasto dei fenomeni di concorrenza sleale e corruzione, che continuano a inquinare soprattutto gli appalti di lavori pubblici. La qualificazione delle imprese è infatti un aspetto ancora privo, sia nel settore privato che in quello pubblico, di una disciplina operativa.
In materia di salute e sicurezza sul lavoro, il riferimento normativo è l’art. 27 del Testo Unico di SSL. Si tratta di una disposizione che – eccetto il caso degli ambienti confinati per i quali il sistema ha cominciato ad operare positivamente con il DPR n. 177/2011 – a distanza di quasi 12 anni è ancora in attesa di essere attuata per tutti quegli ambiti lavorativi ad alto tasso infortunistico, ovvero caratterizzati da forti complessità organizzative e da gravi fenomeni di concorrenza sleale.
In primis, nel campo delle Costruzioni il sistema di qualificazione delle imprese, se attuato, consentirebbe l’accesso agli appalti ed ai subappalti, pubblici e privati, solo alle imprese più virtuose. Ciò non solo da un punto di vista formale, in ragione della continua verifica della idoneità tecnico-professionale sostanziale – e non solo cartacea e formale – delle imprese appaltatrici e subappaltatrici, tenendo conto di elementi come l’assenza di sanzioni da parte degli organi di vigilanza, il rispetto della regolarità contributiva, della contrattazione collettiva, delle previsioni in materia di informazione, formazione e addestramento nonché, più in generale, il ricorso a standard contrattuali e organizzativi del lavoro concretamente virtuosi. In tale contesto un ruolo importante per la qualificazione delle imprese potrebbe altresì assumere la previsione, e l’effettiva attuazione, di misure anticontagio previste nei Protocolli aziendali, quali specificazioni delle più generali disposizioni riportate nel Protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del covid-19 nei cantieri, sottoscritto il 24 aprile 2020, che ricordiamo essere divenute norme vincolanti a seguito del loro richiamo in atti normativi.
Inoltre, nell’impianto delineato dal TU, il possesso dei requisitiper ottenere la qualificazione dovrebbe costituire elemento preferenzialeper la partecipazione alle gare relative agli appalti e subappalti pubblici e per l’accesso ad agevolazioni, finanziamenti e contributi a carico della finanza pubblica, sempre se correlati ai medesimi appalti o subappalti.
Il co. 1-bis dell’art. 27 delinea, in riferimento all’edilizia, un sistema di qualificazione delle imprese basato su una sorta di “patente a punti”. Uno strumento che prevede l’attribuzione alle imprese e ai lavoratori autonomi di un punteggio iniziale soggetto a decurtazione a seguito di accertate violazioni in materia di SSL. L’azzeramento del punteggio per le ripetute violazioni in materia di SSL determinerebbe l’impossibilità per l’impresa, o per il lavoratore autonomo, di svolgere attività in campo edile. Ciò dovrebbe dar luogo ad un circuito virtuoso, grazie al quale sarebbero posti ai margini del mercato quegli operatori che non rispettano le disposizioni normative in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro.
Nell’ambito del quadro delineato dal TU in materia di qualificazione, svolge una funzione rilevante la Commissione consultiva permanente per la salute e la sicurezza, alla quale il Legislatore ha attribuito il compito di elaborare icriteri finalizzati alla definizione del sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi ex art. 27 TU. Al riguardo, siamo lieti che, con il decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali del 4 febbraio 2021, la Commissione è stata ricostituita nella sua nuova composizione, che vede finalmente coinvolta l’ANMIL, formalmente entrata a farne parte da settembre 2015, ad opera del d.lgs. n. 151/2015. Il nostro auspicio è che presto in sede di Commissione si torni a lavorare su tale tema. A riguardo infatti la Commissione consultiva permanente deve ancora stabilire anche i criteri in base ai quali il datore di lavoro deve verificare l’idoneità tecnico-professionale degli appaltatori e dei lavoratori autonomi con riferimento agli appalti privati, ai sensi dell’art. 26 del TU.
Inoltre, l’art. 26 ha stabilito che, fino alla data di entrata in vigore del DPR che disciplini la qualificazione delle imprese, tale verifica deve essere effettuata mediante l’acquisizione del certificato di iscrizione alla Camera di Commercio industria e artigianato e di un’autocertificazione da parte dell’impresa appaltatrice (o dei lavoratori autonomi) del possesso dei requisiti di idoneità tecnico professionale. Dunque, in attesa dell’emanazione di tale decreto, disponiamo attualmente di un regime normativo che affida la selezione delle imprese ai soli due documenti citati. Tuttavia per effettuare una corretta valutazione dell’idoneità tecnico-professionale in tema di sicurezza, l’acquisizione formale dei richiamati documenti è insufficiente. Per tali ragioni, ben venga il contributo della giurisprudenza che, nell’attesa che sia data attuazione all’art. 27 del TU, ha affermato in numerose sentenze che, in materia di responsabilità colposa, il committente dei lavori affidati in appalto debba scegliere l’appaltatore accertandosi che si tratti di persona munita dei titoli formali di idoneità, ma anche dell’effettiva capacità tecnica e professionale proporzionata al tipo di attività commissionata.
In tema di responsabilità è da evidenziare che la questione giuridica, che ha animato un vivace dibattito dottrinale nel contesto emergenziale, attinente la responsabilità dei datori di lavoro pubblici e privati, per il contagio da Covid-19, ha altresì rinnovato l’esigenza di una riflessione ben più ampia e generale su una problematica già insita da tempo nel sistema. Oggi, ancora più di prima, ci si chiede infatti se sia possibile apporre confini certi alla responsabilità del datore di lavoro, soprattutto a fronte di rischi atipici, e se conseguentemente si possa delineare, ope legis, un sistema chiaro di prevenzione e di governance (possibilmente pubblico-privato) del rischio, che consenta all’imprenditore, di concerto con l’istituzione pubblica e con il coinvolgimento dei lavoratori, di delimitare ex ante i confini della responsabilità personale (nonché di quella dei suoi diretti ausiliari), a fronte dell’autorità ispettiva e di quella giudiziaria. Di questo delicato tema, in linea generale, ha solo iniziato ad occuparsi nei mesi scorsi l’art. 29-bis del decreto Liquidità (convertito con l. 5 giugno 2020, n. 40), precisando che “ai fini della tutela contro il rischio di contagio da COVID-19, i datori di lavoro pubblici e privati adempiono all’obbligo di cui all’articolo 2087 del codice civile mediante l’applicazione delle prescrizioni contenute nel protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del COVID-19 negli ambienti di lavoro [….]”. La disposizione, pur non integrando una vera e propria ipotesi di “scudo penale” per il datore di lavoro, costituisce – con tutti i suoi limiti e le problematiche interpretative che ha suscitato – un primo tentativo di mitigazione ex ante della responsabilità personale datoriale.
In conclusione, tornando al tema della qualificazione delle imprese, l’ANMIL ritiene che le norme ci siano, serve darne piena attuazione. Ciò al fine di contrastare il dumping che inquina l’affidamento dei lavori in appalto. Riteniamo infatti che la qualificazione preventiva delle imprese e il controllo sul costante ed effettivo mantenimento di virtuosi standard contrattuali ed organizzativi da parte delle stesse siano condizioni indispensabili per un “salto di qualità” nella gestione degli appalti, sia pubblici che privati, nel settore dell’edilizia.”