fondo professioni

L’art. 36 della Costituzione ci dice che “….il lavoratore ha diritto ad una retribuzione
proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare
a se e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa….” e per lavoratore non è inteso solo
colui che si obbliga a prestare la propria opera alle dipendenze del datore di lavoro
ma anche chi cede al committente il risultato del proprio lavoro, come appunto i liberi professionisti.
I liberi professionisti, soprattutto dell’area tecnica, sono l’ossatura su cui si costruisce
l’azione dello Stato verso i cittadini e sono coloro che con il loro lavoro silente mettono in
moto l’economia dell’intero Paese. Tale ruolo è stato riconosciuto anche in conseguenza
della pandemia da Covid-19 allorquando i governi di quel periodo inserirono le attività
professionali tra quelle che non potevano essere bloccate dall’emergenza sanitaria.
Con l’emanazione del Decreto Legge entrato in vigore stamane (17.02.2023), inerente il
blocco della cessione del credito per le ristrutturazioni edilizie, Federarchitetti esprime il
più profondo disappunto perché si mortifica ulteriormente il lavoro di migliaia di studi
tecnici professionali, già pesantemente stremati per la gravissima crisi ormai decennale, e
ulteriormente stressati dalle varie stesure, spesso farraginose e contraddittorie, dei
provvedimenti relativi al Superbonus, oltre che dalle ormai terrorizzanti risposte e
interpretazioni dei vari apparati dello Stato in materia.
Ancora una volta il legislatore, con l’emanazione del D. L. 11/2023, non si preoccupa delle
conseguenze che incidono sull’attività lavorativa del tecnico libero professionista che
richiede tempi lunghi e preparatori per redigere un progetto esecutivo propedeutico
all’esecuzione dei lavori rispondente ai requisiti previsti per l’accesso al Superbonus
(legge dello Stato) e distrugge in un sol colpo mesi di lavoro che il professionista ha
dedicato per svolgere al meglio l’incarico affidato dal committente e quindi per quel
sostentamento economico sufficiente per la sua “esistenza libera e dignitosa”,
congiuntamente a quella della sua famiglia, che dovrebbe invece essere garantita dall’art.
36 della Costituzione.

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