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Con il numero “zero” della newsletter Federarchitetti aggiunge un canale mediatico per comunicare le iniziative a favore di Architetti e Ingegneri, perché i tempi impongono maggiore qualità delle conoscenze e perché bisogna rafforzare l’identità del ruolo dei Liberi Professionisti.

Ma cosa significa essere «Libero Professionista»? Significa svolgere una funzione di garanzia sociale tra la conoscenza scientifica e i bisogni espressi dal cittadino: in inglese knowledge worker = lavoratore della conoscenza. E per lavorare con coscienza il professionista deve essere in continuo rapporto con la realtà esterna, avendo comprensione dei bisogni della collettività oggi in continua trasformazione.

La centralità del professionista nella società è stata rilevata dallo Stato Italiano allorquando, con legge del 1925, ne regolamentò l’esercizio con l’istituzione degli Ordini Professionali, al fine di tutelare la collettività dalle scorrettezze di chi avesse potuto esercitare la professione senza averne titolo. Quella legge costituisce ancora oggi la base dell’inquadramento giuridico delle professioni intellettuali.

Il conseguente miglioramento dell’organizzazione interna ne rafforzò la capacità di contrattazione, e da quell’intreccio fra Stato e Mercato scaturì lo «status» di professionista: uno status dapprima legato alla nobiltà, poi decisamente borghese, e successivamente svilito della sua identità a causa delle divisioni presenti all’interno dei segmenti professionali, delle lotte di potere e di influenza dei gruppi politici, e della progressiva burocratizzazione della Pubblica Amministrazione. Ma, pur in questa parabola evolutiva, i liberi professionisti hanno costituito per lungo periodo l’ossatura della classe dirigente italiana, sopravvivendo alla crisi dei partiti politici fino a mantenere, nell’attuale Parlamento, una forte presenza.

Ma, se così è vero per alcune professioni che nel corso degli anni sono riuscite a limitare l’accesso agli Ordini ai soli liberi professionisti (avvocati, notai, geometri, ecc.), lo stesso non è accaduto per le professioni definite «tecniche» (architetti ed ingegneri). Da qui una delle strutturali aberrazioni del corpus professionale tecnico del paese, che ne diluisce e mortifica l’identità.

Come se non bastasse, si rileva ormai da un ventennio un attacco accanito al pur esiguo status privilegiato del professionista ad opera dei gruppi economici forti, in linea con il neo-liberismo del mercato o pronti a cavalcare il malumore del momento (è il tentativo di far ritornare le professioni nuovamente nelle mani della “nuova nobiltà”). Dalla vecchia Merloni al nuovo Codice dei Contratti Pubblici si va in tale direzione: riconoscimento giuridico delle società di capitali, discesa in campo di grandi gruppi finanziari con il Project Financing, richiesta dei «curricula» per l’affidamento di appalti e incarichi, sono tutti strumenti per far conservare le rendite di posizione proprio a quei soggetti che in passato hanno interagito con un sistema ormai obsoleto. Rinunciando pertanto al ruolo di garante della conoscenza scientifica e accontentandosi di quello di mediatore delle istanze poste dalla collettività, la «professione di architetto o di ingegnere» ha progressivamente assunto un ruolo marginale nel processo economico del Paese.

E’ ovvio che in tale processo i giovani professionisti non trovino spazio. Dapprima parcheggiati nelle Università si vorrebbe ulteriormente parcheggiarli (con l’obbligo della formazione, della polizza sulla responsabilità civile, con l’aumento della contribuzione previdenziale, ecc.) al di fuori del lavoro e degli Ordini Professionali. E allora ci rendiamo conto che il mercato professionale, che si dichiara da più parti libero, in realtà libero ancora non lo è.

Da meno di una generazione, poi, la realtà produttiva del paese si va trasferendo dal mondo del lavoro dipendente a quello del lavoro autonomo e professionale (il lavoro dalle fabbriche si è spostato nei servizi), e questo progressivo passaggio evidenzia una carenza di rappresentanza del mondo professionale che deve essere colmata con incisività. Per questo, anche nel mondo delle professioni, stanno crescendo le Associazioni di Categoria e le Associazioni Sindacali, in quanto gli Ordini, preposti per legge alla tutela della committenza e non del proprio iscritto, non possono assolvere anche a tale funzione.

L’impegno è gravoso, forse ambizioso, ma Federarchitetti ritiene che non vi sia altra strada per contribuire al rafforzamento dell’identità e della centralità del Libero Professionista. Puntando sulla riqualificazione della professione e sulla sistemazione delle anomalie strutturali si potrà dare al tormentato scenario italiano ed europeo lo slancio per la libera circolazione di idee ma, anche, di risorse umane e professionali.

EBIPRO