Il pomeriggio del 26 a Foggia ed la mattina del 27 a Benevento (con la collaborazione dell’Ordine degli Architetti P.P.C.) hanno visto impegnate le Sezioni Federarchitetti di Foggia e Benevento con il Presidente Nazionale, che ha partecipato ad entrambi gli eventi, per discutere sul futuro della professione di architetto tra evoluzione e complessità
Le due manifestazioni hanno visto coinvolti come relatori, il prof. Livio Sacchi, autore del libro “Il mestiere di architetto”, che ha dato spunto alla realizzazione delle due manifestazioni, l’ing. Armando Zambrano, presidente della Rete Professioni Tecniche, l’ing. Massimo Trotta, esperto di previdenza ed assistenza per i liberi professionisti e il dott. Roberto Rainieri, responsabile relazioni esterne di Fondoprofessioni. I saluti sono stati affidati all’arch. Francesco Onorati, Presidente Federarchitetti Foggia e all’arch. Diodoro Tommaselli, Presidente dell’Ordine degli Architetti P.P.C. di Benevento mentre hanno moderato i due incontri i giornalisti dott. Filippo Santigliano a Foggia e la dott.ssa Elide Apice a Benevento.
Il Presidente della Federarchitetti si è soffermato sui vari nodi ancora irrisolti dalla legislazione vigente per rendere “il mestiere di architetto” in linea con l’attuale evoluzione sociale e tecnologica dell’attività libero professionale .
In particolare ha evidenziato le due modalità di riconoscimento del valore legale del titolo di studio e dell’abilitazione all’esercizio della professione da parte dello Stato. “Un giovane laureato e neo abilitato alla libera professione – ha affermato il Presidente Iarrusso – iscritto ad uno dei 105 Ordini provinciali degli Architetti P.P.C., se è dipendente della pubblica amministrazione può progettare per lo Stato anche infrastrutture complesse perché, essendo in possesso dell’abilitazione all’esercizio della professione, gli viene riconosciuto lo svolgimento di tutte le attività professionali riservate all’architetto; se lo stesso giovane vuol intraprendere l’attività libero professionale per progettare la stessa opera lo Stato gli richiede il curricula, la capacità economica ed organizzativa, la polizza RCP, ecc., escludendolo di fatto dal mercato del lavoro professionale. Lo Stato, come regolatore del mercato, deve garantire la pari opportunità ai suoi cittadini e agli operatori economici per creare le condizioni di crescita e sviluppo della persona e del lavoro e non svolgere azioni che favoriscono alcuni e penalizzano altri.
Essendo i professionisti portatori della conoscenza – ha proseguito il Presidente Federarchitetti – è necessario che tale peculiarità sia sotto controllo pubblico per evitare derive che possono danneggiare la collettività. Per tal motivo il ruolo degli ordini professionali, già enti di diritto pubblico sotto il controllo del Ministero della Giustizia, garantiscono questa funzione attraverso il riscontro dei requisiti per l’accesso e svolgimento della professione e il rispetto delle norme deontologiche nell’espletamento dell’attività. Una riforma ulteriore degli ordini è necessaria per superare la quasi centenaria ed obsoleta legge istitutiva del 1923 per inglobare le innumerevoli mutazioni che la professione di architetto ha subito nel tempo.
Una particolare attenzione deve essere rivolta alla professione al femminile che risulta costantemente e positivamente in continua crescita. Non bisogna dimenticare che le donne assolvono anche ad una funzione sociale che lo Stato ha da tempo abdicato: esse sono professioniste, mamme, mogli e figlie assolvendo quotidianamente e contemporaneamente a tutti questi compiti. Occorre favorire la loro attività professionale alleggerendo il carico di impegni che quotidianamente sopportano favorendo, per esempio, la realizzazione di micro asili nido all’interno degli studi professionali attraverso contributi pubblici o detrazioni fiscali.
Dal punto di vista previdenziale molto è stato fatto e molto è ancora da fare, ma l’attuale legge Fornero, con l’obbligo per le casse private di garantire la sostenibilità pensionistica per cinquant’anni, dal 2013 sta drenando risorse economiche ai professionisti anche in questo periodo di pandemia. Infatti nel 2020 Inarcassa ha avuto un avanzo di gestione di circa 490 milioni di euro anche se, per la prima volta, è stato possibile destinare oltre 100 milioni di euro per il sostegno e incremento dell’attività libero professionale.
Maggiore attenzione va posta all’assistenza agli iscritti Inarcassa, soprattutto per coloro che si trovano in difficoltà in questo momento storico. La necessità di realizzare una cassa integrazione per gli architetti ed ingegneri liberi professionisti che non raggiungono determinati redditi, simile alla ISCRO per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS, si potrebbe realizzare utilizzando le risorse provenienti dalle sanzioni e/o incrementando di un punto percentuale il contributo integrativo.
La professione di architetto – ha concluso il Presidente Iarrusso – è complesso e in continua evoluzione soprattutto tecnologica che favorisce nuovi mercati professionali e a cui si stanno indirizzando la maggior parte dei liberi professionisti. A questa evoluzione, però, non vi è una risposta politica e normativa adeguata tanto che alcune nuove frontiere stentano a decollare come per esempio l’autoproduzione. Oggi l’architetto libero professionista inventa nuovi processi per combattere la crisi del settore che ha origini lontane; con l’uso della tecnologia (per esempio le stampanti 3D) esso è progettista, realizzatore e venditore dell’opera ideata, ovvero riesce a svolgere l’intero processo produttivo e commerciale. Questo professionista vuol continuare ad essere chiamato architetto e non imprenditore perché prevale la sua cultura creativa, ma per la fiscalità dello Stato egli deve separare la parte progettuale da quella realizzativa e commerciale facendogli aumentare i costi di produzione e rendendolo poco competitivo sul mercato poiché è costretto ad iscriversi, oltre che all’Ordine anche alla Camera di Commercio.
Per competere e dare risposte adeguate ai professionisti è opportuno che si realizzi l’unità operativa di tutti gli stakeholder del settore tecnico (Sindacati, Ordini e Casse di Previdenza) guardando più agli obiettivi comuni da raggiungere che per salvaguardare la propria sfera di influenza o di pertinenza.
Solo in questo modo saremo più incisivi e credibili agli occhi del legislatore politico.”