fondo professioni

Nei mesi scorsi avevamo denunciato di  come una legge dello Stato – Legge n. 120 dell’11 settembre 2020 – che doveva servire a semplificare per liberalizzare il processo autorizzativo edilizio anche nelle aree di interesse storico, andava a complicare la procedura poiché, in dette aree, si può ricostruire solo come e dove era.

Questa limitazione normativa, contestata anche da Federarchitetti poiché non consente la possibilità di proporre la sostituzione di un organismo edilizio diverso da quello esistente con limitazione di soluzioni architettoniche ed estetiche migliorative rispetto allo stato attuale, determinerà un rallentamento della tanto auspicata Rigenerazione Urbana e la cristallizzazione di parti importanti del nucleo abitato corrispondenti alle zone definite “omogenee A” (DM 1444/1968), nei centri e nei nuclei storici consolidati e negli ambiti di particolare pregio storico e architettonico.

Qualche anno fa è stata emanata la circolare interministeriale del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti e del Ministero per la Pubblica Amministrazione che fornisce i primi chiarimenti interpretativi all’articolo 10 del Decreto Legge n. 76/2020 come approvato dalla legge n. 120 dell’11 settembre 2020.

Al punto 2.4 la circolare riporta “Quanto al regime degli edifici vincolati ai sensi del d.lgs. n. 42/2004, si è già sottolineato che la soluzione adottata dal decreto – legge n. 76/2020 per assicurare la loro tutela è stata quella di escludere che possano qualificarsi come ristrutturazione edilizia gli interventi comportanti una loro demolizione e ricostruzione non solo nei casi in cui ne sia modificata la sagoma (come previsto nella disciplina previgente), ma anche nei casi di mutamenti del sedime, dei prospetti e delle caratteristiche planivolumetriche e tipologiche. Sotto tale profilo, il regime degli edifici in questione si atteggia in modo “speculare” rispetto a quello degli edifici non vincolati, nel senso che ciò che per questi ultimi ricade nella definizione di ristrutturazione comporta invece per i primi l’applicazione del regime delle nuove costruzioni.

Altrettanto non può dirsi per gli edifici ubicati nelle zone omogenee A di cui al d.m. n. 1444/1968 e in zone a queste assimilate dai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici ovvero nelle aree comunque di particolare pregio storico o architettonico, atteso che in questi casi l’equiparazione voluta dal legislatore al regime degli edifici vincolati è solo tendenziale, essendo espressamente fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici.

Tale inciso fa innanzitutto salva la validità di eventuali disposizioni di leggi regionali, che consentano, anche per le aree in questione, interventi di ristrutturazione edilizia mediante demolizione e ricostruzione anche con limiti meno stringenti di quelli individuati dall’art. 3 del testo unico per gli edifici vincolati ex d.lgs. n. 42/2004. Inoltre, la clausola di “salvezza” in discorso consente di ritenere ammissibili anche per gli edifici ubicati in dette zone le variazioni imposte dalla normativa antisismica, energetica, sull’accessibilità etc., ferme restando, come è ovvio, le valutazioni delle Amministrazioni competenti in ordine alla compatibilità degli interventi con il regime eventualmente previsto per i medesimi edifici.

La clausola conferma, altresì, la legittimità delle eventuali previsioni degli strumenti urbanistici (sia generali che attuativi) con cui si consentano, anche per le zone A e assimilate e per i centri storici, interventi di ristrutturazione edilizia mediante demolizione e ricostruzione entro limiti meno stringenti di quelli ordinariamente stabiliti dalla norma primaria in esame (fermi restando in ogni caso gli ulteriori limiti rivenienti da altre norme del testo unico).”

Per Il MIT e MFP la ratio della previsione legislativa approvata “risiede nell’esigenza di assicurare una maggior tutela al valore d’insieme delle aree soggette allo specifico regime delle zone A e dei centri storici, escludendo che all’interno di esse gli interventi di cui al medesimo comma 1-ter dell’articolo 2-bis possano essere direttamente realizzati dagli interessati e stabilendo invece che essi debbano inserirsi nella più generale considerazione del contesto di riferimento che solo un piano particolareggiato può assicurare.

Peraltro, anche in questo caso il legislatore si fa carico di far salve “le previsioni degli strumenti di pianificazione territoriale, paesaggistica e urbanistica vigenti”, e quindi la facoltà che le Amministrazioni preposte alla pianificazione del territorio, nei rispettivi ambiti di competenza, possano dettare prescrizioni diverse e anche meno rigorose per l’effettuazione degli interventi in discorso, tenuto conto dello specifico contesto preso in considerazione.

Nonostante il riferimento testuale agli strumenti di pianificazione “vigenti”, la disposizione deve essere intesa non come una semplice salvezza delle eventuali previsioni urbanistiche difformi in essere alla data di entrata in vigore del decreto – legge n. 76/2020, ma come un rinvio generale al potere di pianificazione esercitabile in ogni tempo dalle amministrazioni competenti.”

Sarebbe auspicabile un intervento legislativo per fugare i dubbi sui casi di demolizione e ricostruzione previsti dagli strumenti urbanistici vigenti nelle zone A prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 76/2020, considerato che la norma, nell’indicare “fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici”, non precisa se vigenti “prima” o “dopo” l’entrata in vigore della legge n. 120/2020.

Per approfondimento:

confedertecnica