In questi giorni ricorrono i cento anni dell’approvazione della legge 23 giugno 1923, n. 1395 che ha istituito gli Ordini degli Architetti ed Ingegneri ed è occasione per discutere sul futuro delle due professioni tra evoluzione e complessità.
Negli ultimi anni Federarchitetti si è più volte soffermato sui vari nodi ancora irrisolti dalla legislazione vigente per rendere “il mestiere di architetto ed ingegnere” in linea con l’attuale evoluzione sociale e tecnologica dell’attività libero professionale.
In particolare è stato evidenziato le due modalità di riconoscimento del valore legale del titolo di studio e dell’abilitazione all’esercizio della professione da parte dello Stato.
“Un giovane laureato e neo abilitato alla libera professione – ha affermato il Presidente Federarchitetti Iarrusso – iscritto ad uno dei 105 Ordini provinciali degli Architetti P.P.C. o degli Ingegneri, se è dipendente della pubblica amministrazione può progettare per lo Stato anche infrastrutture complesse perché, essendo in possesso dell’abilitazione all’esercizio della professione, gli viene riconosciuto lo svolgimento di tutte le attività professionali riservate all’architetto o ingegnere; se lo stesso giovane vuol intraprendere l’attività libero professionale per progettare la stessa opera lo Stato gli richiede il curricula; la capacità economica ed organizzativa; la polizza RCP; ecc., escludendolo di fatto dal mercato del lavoro professionale.
Lo Stato, come regolatore del mercato, deve garantire la pari opportunità ai suoi cittadini e agli operatori economici per creare le condizioni di crescita e sviluppo della persona e del lavoro e non svolgere azioni che favoriscono alcuni e penalizzare altri.
Essendo i professionisti portatori della conoscenza – ha proseguito il Presidente Federarchitetti – è necessario che tale peculiarità sia sotto controllo pubblico per evitare derive che possono danneggiare la collettività. Per tal motivo il ruolo degli ordini professionali, già enti di diritto pubblico sotto il controllo del Ministero della Giustizia, garantiscono questa funzione attraverso il riscontro dei requisiti per l’accesso e svolgimento della professione e il rispetto delle norme deontologiche nell’espletamento dell’attività.
Una riforma ulteriore degli ordini è necessaria per superare la centenaria ed obsoleta legge istitutiva del 1923 per inglobare le innumerevoli mutazioni che la professione di architetto ed ingegnere ha subito nel tempo.
Una particolare attenzione deve essere rivolta alla professione al femminile che risulta costantemente e positivamente in continua crescita. Non bisogna dimenticare che le donne assolvono anche ad una funzione sociale che lo Stato ha da tempo abdicato: esse sono professioniste, mamme, mogli e figlie assolvendo quotidianamente e contemporaneamente a tutti questi compiti. Occorre favorire la loro attività professionale alleggerendo il carico di impegni che quotidianamente sopportano favorendo, per esempio, la realizzazione di micro asili nido all’interno degli studi professionali attraverso contributi pubblici.
Dal punto di vista previdenziale molto è stato fatto e molto è ancora da fare, ma l’attuale legge Fornero, con l’obbligo per le casse private di garantire la sostenibilità pensionistica per cinquant’anni, dal 2013 sta drenando risorse economiche ai professionisti anche in questo periodo di post-pandemia. Infatti nel periodo dal 2013 al 2022 Inarcassa ha più che raddoppiato il proprio patrimonio, attualmente stimato in circa 12,8 miliardi di euro, ottenuto attraverso un avanzo annuale di gestione nel periodo considerato e che solo nell’ultimo anno (2022) sfiora i 400 milioni di euro. In buona sostanza le entrate previdenziali superano di gran lunga i costi per gli oneri e gestione previdenziali.
Maggiore attenzione va posta all’assistenza agli iscritti Inarcassa, soprattutto per coloro che si trovano in difficoltà in questo momento storico.
La necessità di realizzare una cassa integrazione per gli architetti ed ingegneri liberi professionisti che non raggiungono determinati redditi, simile alla ISCRO per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS, si potrebbe realizzare utilizzando le risorse provenienti dalle sanzioni e/o incrementando di un punto percentuale il contributo integrativo.
La professione di architetto o di ingegnere – ha concluso il Presidente Iarrusso – è complessa e in continua evoluzione soprattutto tecnologica che favorisce nuovi mercati professionali e a cui si stanno indirizzando la maggior parte dei liberi professionisti. A questa evoluzione, però, non vi è una risposta politica e normativa adeguata tanto che alcune nuove frontiere stentano a decollare come per esempio l’autoproduzione. Oggi l’architetto o ingegnere libero professionista inventa nuovi processi per combattere la crisi del settore che ha origini lontane; con l’uso della tecnologia (per esempio le stampanti 3D) esso è progettista, realizzatore e venditore dell’opera ideata, ovvero riesce a svolgere l’intero processo produttivo e commerciale. Questo professionista vuol continuare ad essere chiamato architetto o ingegnere e non imprenditore perché prevale la sua cultura creativa, ma per la fiscalità dello Stato egli deve separare la parte progettuale da quella realizzativa e commerciale facendogli aumentare i costi di produzione e rendendolo poco competitivo sul mercato poiché è costretto ad iscriversi, oltre che all’Ordine anche alla Camera di Commercio.
Per competere e dare risposte adeguate ai professionisti è opportuno che si realizzi l’unità operativa di tutti gli stakeholder del settore tecnico (Sindacati, Ordini e Casse di Previdenza) guardando più agli obiettivi comuni da raggiungere che alla salvaguardia della propria sfera di influenza o di pertinenza.
Solo in questo modo saremo più incisivi e credibili agli occhi del legislatore politico.”
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